"L'uomo è l'unico animale la cui esistenza è un problema che deve risolvere", Erich Fromm
Cito questa massima per introdurre un problema che coinvolge tutti gli esseri umani. È impossibile svincolarsi dal non parlarne, come è anche impossibile far finta di niente. Il problema dell’approvvigionamento energetico mondiale rappresenta al momento la più grande montagna che l’uomo deve scalare, e non solo, che deve affrontare nel più presto tempo possibile
UN PIANETA A RISCHIO
Il millenario equilibro del sistema Terra è a rischio: l'uomo, utilizzando le risor

se naturali per i suoi scopi, sta distruggendo il pianeta, consumando le risorse ad un ritmo rapidissimo e, apparentemente, inesorabile.Parallelamente, la temperatura della terra si sta alzando inesorabilmente, a causa principalmente delle ingenti emissioni di anidride carbonica (CO2), il principale tra i gas serra, in costante aumento. Si prevede che nell'arco del prossimo secolo l'aumento medio dell
e temperature sarà compreso fra 1,4 e 5,8°C.
Le conseguenze di questo fenomeno sono difficili da prevedere nella loro complessità, ma indubbiamente il rischio concreto è quello di giungere all'alterazione di tutti gli
ecosistemi del pianeta. Alcuni effetti dei cambiamenti in atto sono già osservabili: lo scioglimento dei ghiacciai in ogni parte del mondo è un fenomeno del quale si parla già da tempo e che preoccupa l'intera comunità scientifica. E' necessario porre un freno a questa situazione, pena conseguenze imprevedibili per l'intero pianeta terra e per i suoi abitanti.
GLI EFFETTI SULL'AMBIENTE DELLE TRASFORMAZIONI ENERGETICHELe emissioni di CO2 (anidride carbonica) e di SOx (ossidi di zolfo) nell'atmosfera sono imputabili, per la quasi totalità, al settore energetico. Derivano principalmente dalle attività di combustione, anche se a queste ultime si accompagnano gli impatti di altri tipi di attività produttive: circa la metà delle emissioni di particolato e COVNM, ad esempio, sono prodotte da processi complementari quali le attività estrattive, di stoccaggio, di lavorazione chimica e di trasporto. Il trasporto può inoltre essere causa di inquinamento dei suoli e delle acque, nelle località di estrazione e lungo le vie di trasporto, dove tra l'altro, la presenza di infrastrutture non adeguate o obsolete può comportare lo sversamento di sostanze nocive nei territori circostanti.
Il riscaldamento globale del pianeta, l'acidificazione dei suoli, l'eutrofizzazione delle acque e l'inquinamento dell'aria sono i principali effetti sull'ambiente causati dalla liberazione di queste sostanze. È utile ricordare che gli effetti del rilascio nell'ecosistema di sostanze inquinanti dipendono dalle capacità di assorbimento dell'ambiente terrestre e risentono in particolar modo dei processi di riconversione del territorio quali il disboscamento di grosse aree forestali, che hanno l'effetto di amplificare i danni dovuti alle emissioni nocive. Allo stato attuale, secondo i dati delle Nazioni Unite le emissioni nette, calcolate come la differenza tra il totale delle emissioni (6140 Mt) e l'assorbimento medio annuo dell'ecosistema (3300 Mt), ammontano a complessivi 2840 Mt.
L'emissione di gas ad eff

etto serra è dovuta per la maggior parte ai paesi industrializzati. La figura mostra l'aspetto che avrebbe il mondo se i singoli stati avessero dimensioni proporzionate alla quota di emissioni prodotte. Gli effetti dei cambiamenti climatici possono invece riflettersi su tutto il pianeta, con conseguenze particolarmente gravi per i paesi con minori capacità di difesa.

GLI ACCORDI INTERNAZIONALI E LA DECENTRAZIONE DELLE RESPONSABILITA'
Una delle problematiche ambientali all'ordine del giorno nei programmi politici internazionali per la difesa dell'ambiente investe direttamente il settore energetico in quanto principale causa delle alterazioni del clima. L'effetto serra ha trovato nella Convenzione Quadro sui cambiamenti climatici (Rio de Janeiro, 1992) l'impegno di 154 paesi per la riduzione dell'emissione di gas ad effetto serra. L'articolo 2 della Convenzione-Quadro sui Cambiamenti Climatici obbliga le nazioni contraenti a ridurre le emissioni in misura sufficiente a "raggiungere la stabilizzazione della concentrazione dei gas che provocano l'effetto serra nell'atmosfera a un livello che impedisca un pericoloso danneggiamento del sistema climatico da parte dell'uomo. Tale livello dovrebbe venire raggiunto in un periodo sufficiente a permettere in modo naturale l'adattamento degli ecosistemi ai cambiamenti climatici".
Il protocollo attuativo della convenzione, il cosiddetto
"Protocollo di Kyoto", è stato ratificato nel 1997, benchè esistano a tutt'oggi posizioni discordanti di alcuni pa

esi: è piuttosto recente (2001), difatti, la defezione formale degli Stati Uniti che, con il loro contributo all'emissione di gas climalteranti (36% del totale delle emissioni dei paesi industrializzati), rappresentano uno degli interlocutori fondamentali per il raggiungimento del quorum necessario alla stipula del concordato. Il protocollo attuativo prevede dei limiti soglia da raggiungere tra il 2008 e il 2012 nelle emissioni di gas serra: la riduzione media è stata fissata al 5,2% e i valori sono sensibili alle responsabilità dei paesi maggiormente inquinanti (Italia 6,5%, USA 8%, Canada 7%); in quest'ottica alcuni paesi potranno quindi trovarsi addirittura in credito di emissioni (Norvegia, Spagna, Portogallo).
Il protocollo di Kyoto riguarda principalmente i paesi industrializzati e quelli considerati in transizione da un'economia sotto sviluppata ad una industrializzata (tra questi, i paesi dell'Europa dell'Est e dell'Asia). Nei confronti dei paesi cosiddetti in via di sviluppo si è preferito, invece, dare priorità all'urgenza di sviluppo economico, esentando gli stessi da obblighi giuridici.

Il Protocollo prende in considerazione, oltre all'anidride carbonica, un paniere di altri cinque
gas-serra: il metano, il protossido di azoto (N2O), i clorofluorocarburi, i perfluorocarburi e l'esafluoruro di zolfo (SF6). Il protocollo di Kyoto indica inoltre una serie di misure da adottare, che sono incentrate sullo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili e sulla promozione dell'efficienza energetica, ed impegna ogni paese ad individuare negli atti nazionali e comunitari le misure specifiche per raggiungere i risultati prefissati. Gli aspetti su cui si incentrano le iniziative promosse possono essere così sintetizzati: · promozione dell'efficienza energetica in tutti i settori;· sviluppo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia e delle tecnologie innovative per l'abbattimento delle emissioni;· protezione ed estensione delle foreste;· promozione dell'agricoltura sostenibile;· limitazione e riduzione delle emissioni di metano dalle discariche di rifiuti e dagli altri settori energetici;· misure fiscali appropriate per disincentivare le emissioni di gas serra.
Allo stato attuale, hanno ratificato il Protocollo di Kyoto 108 Paesi. L'Europa ha approvato il Protocollo e l'adempimento degli impegni da parte degli Stati Membri con la Decisione del Consiglio dell'Unione Europea del 25 Aprile 2002 (n.2000/358/CE)12.
La defezione degli USA ha aumentato le difficoltà di entrata in vigore del Protocollo, essendo necessaria la ratifica dei Paesi che rappresentano almeno il 55% delle emissioni di CO2 degli stati contraenti . Il Protocollo di Kyoto diventerà dunque legge internazionale solo se verrà ratificato anche dalla Russia (responsabile del 17% delle emissioni delle emissioni delle parti contraenti) la cui adesione permetterebbe di raggiungere il quorum del 55%.
IL PROBLEMA ENERGETICO TRA SVILUPPO E DECRESCITA
Se fosse accettata l'idea che oggi viviamo al di sopra dei nostri mezzi e che quindi è necessario rallentare o limitare lo sviluppo economico, sarebbe allora possibile aprire, sul piano delle riforme, a una fase di transizione, più o meno lunga ma "dolce", verso un sistema economico basato esclusivamente sull'energia "pulita".
La disputa, per il momento politica ed economica, tra Russia e Ucraina, sul prezzo del gas, potrebbe rappresentare l'occasione per riflettere non tanto sul problema della dipendenza energetica, quanto sull'attuale modello di sviluppo.Tuttavia è piuttosto difficile che ciò avvenga negli ambienti politici ed economici europei e italiani. Al massimo si aprirà il solito dibattito, come ad esempio già sta avvenendo in Italia, sulla necessità o meno di passare o tornare "al nucleare".
Si dà per scontato che lo "sviluppo" abbia bisogno di quote crescenti di energia, e che le uniche risorse impiegabili siano quelle tradizionali (a cominciare dal petrolio e dai gas naturali lavorati), oppure che l'unica alternativa sia quella di un impiego massiccio dell'energia nucleare. Altre forme di energia "pulita" (eolica e solare) sono invece ritenute di scarsa utilità e di difficile impiego su ampia scala.
A frenare l'introduzione di energia "pulita" è soprattutto l'idea di uno sviluppo economico infinito. Quando si propone un' alternativa, come per esempio quella dell'impiego su larga scala dell'energia eolica ("pulita"), ci si sente rispondere che la fase di transizione sarebbe troppo lunga, difficile da gestire, dal momento che i costi di produzione crescerebbero, colpendo il consumo e rallentando lo sviluppo in misura tale da compromettere il nostro "stile di vita". Pertanto fin quando si ragionerà solo in termini di sviluppo sarà difficile fuoriuscire dal circolo vizioso più energia, più consumi, più sviluppo.
Sarebbe invece interessante collegare il problema energetico all'idea di decrescita. Se fosse accettata su larga scala l'idea che oggi viviamo al di sopra dei nostri mezzi e che quindi è necessario rallentare o limitare lo sviluppo economico, sarebbe allora possibile aprire, sul piano delle riforme, a una fase di transizione, più o meno lunga ma "dolce", verso un sistema economico basato esclusivamente sull' energia "pulita". E questo prima che la situazione mondiale già segnata da gravi conflitti per l'acquisizione di risorse energetiche "sporche" possa degenerare ulteriormente.
Certo, come si è già notato, passare dalla "teoria alla pratica" non è assolutamente facile. Esistono interessi acquisiti, egemonie culturali"sviluppiste", schieramenti geopolitici, alleanze economiche, complicità segrete che non possono essere superati facilmente. Sarebbe perciò già importante sollevare il problema, discuterne (e magari lavorare a esperienze-pilota sul piano organizzativo e produttivo), almeno tra chi non condivide l'attuale modello di sviluppo.
Ho iniziato con una massima e chiudo con un divertente gioco di parole che ho trovato sul sito dell’ASPO-Italia
Allora, il problema energetico è che non c'è abbastanza di certe cose:
Petrolio e gas: non ci sono abbastanza petrolio e gas
Carbone: non c'è abbastanza atmosfera
Biomassa: non c'è abbastanza terreno
Idro e eolico: non ci sono abbastanza siti
Fotovoltaico: non ci sono abbastanza soldi
Fissione nucleare: non c'è abbastanza uranio e non c'è abbastanza posto per le scorie
Fusione nucleare: non c'è abbastanza di qualcosa, ma non sappiamo di cosa
Idrogeno: non ce n'è proprio
Efficienza: non c'è abbastanza cervello nella testa della gente
Ciao a tutti e buone riflessioni
Fonti:
Terranauta
Comune di Vignole http://www.comune.vignola.mo.it/
Carlo Gambescia Fonte:
http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/Collegamento per un glossario dei termini energetici
http://www.comune.vignola.mo.it/uffici/ambiente/mete/glossario.html#lettera